giovedì 26 febbraio 2009

Preghiera

Mi capita di ricambiare con una manciata di minuti di sosta e di attesa, tra i giardini di qualche moschea, chi per tacito accordo affianca con cuore i miei giri di shopping scacciapensieri.
Gli uomini arrivano in silenzio e dal modo in cui vestono e dai lineamenti si puo’ riconoscere la loro origine; omaniti, egiziani, sauditi, pakistani. I figli seguono a volte il papa’, oppure se piccoli restano insieme a mamma e sorelle nella sala di preghiera riservata alle donne. Nelle moschee di Muscat, quasi tutte di recente costruzione, questa sala si trova spesso in un edificio separato, dotato di tutti i comfort. Le grandi moschee omanite sono intrise di forte fragranza di mirra, spaziose e accoglienti per tutti e fornite di aria condizionata. I bimbi imitano i gesti dei grandi oppure corrono e giocano sui grandi tappeti.



La gente rispetta le cinque preghiere del giorno con semplicita’, e queste scadenze modellano tutta la loro routine quotidiana ma senza raggiungere eccessi cosi’ come avviene ad esempio in Arabia Saudita. Li’ per decreto si deve lasciare il lavoro, anche se solo per qualche minuto. Negozi ed uffici si fermano e aleggia il timore di un controllo da parte dell’autorita’ religiosa, che vigila tramite pattuglie dislocate in citta’.
Invece in Oman e’ spontaneo recarsi a pregare in moschea anche all’alba. La chiamata e’ diffusa dagli altoparlanti per essere udita in tutto il quartiere, ogni giorno display digitali riportano esatti al minuto l’orario preciso per ogni preghiera. Solenne e seguita e’ la preghiera del venerdi’ a mezzogiorno, arricchita da un discorso a tema. Chi vuole rispetta il precetto pregando nei luoghi in cui si trova al momento: uffici, palestre, negozi, ospedali, - che spesso riservano spazi dedicati - portando con sé un tappetino o una stuoia. Supermercati e centri commerciali dispongono sempre di sale, per uomini e donne, dotate di bagni per compiere le abluzioni di piedi mani e viso.


Nei giorni scanditi dal calendario islamico i luoghi di culto diventano luoghi d’incontro per la comunita’, specialmente durante il mese di Ramadan e nelle celebrazioni che seguono. Oppure per i matrimoni, quando lo sposo riunisce in moschea gli uomini, amici e parenti, vestiti di festa con tuniche nuove e il turbante migliore, il bastone di legno ad intarsi d’argento e una scia di profumi preziosi. Si recita un breve rituale e poi si festeggia con gran quantita’ di riso e carne di pollo o capretto, servite in un ampio vassoio di peltro da dove si mangia semplicemente con le mani. Nelle foto, particolari della moschea Said Bin Taimour, fatta edificare dal Sultano Qaboos in onore di suo padre. Per l'occasione furono contattati architetti, ingegneri e artigiani turchi per riprodurre lo stile ottomano.

venerdì 20 febbraio 2009

Danza del sole

Le tempeste di sabbia in citta' si sono fatte intense, ora l’aria e piu’ cupa e nebbiosa da farci mancare il sole. Rileggo un manuale che ho portato con me, ‘Il linguaggio segreto della danza del ventre’ di Maria Strova, una coreografa di origine colombiana che vive e diffonde la sua arte in Italia.
"... la danza del ventre e’ retaggio di un tempo in cui, in un' unica terra,...fu possibile vivere pacificamente sotto lo sguardo sereno della Dea, prima che fosse soppiantata dagli dei bellicosi che le succedettero e che, ancora oggi,...reclamano la Terra per se’.
Le Dee non ispirarono guerre. La danza del ventre, come arte-simbolo di pace e vita, ricorda la cultura della Grande Madre, la cui regola fu la cooperazione; penso – continua Maria Strova – che la attuale popolarita' della danza del ventre esprima un desiderio di sereníta’, un richiamo alla Pace. Sara’ assecondato? "
In effetti si tratta di una danza arcaica e sacrale di remote civilta' matriarcali, dedicata di volta in volta ad Ishtar, Astarte, Iside, Demetra, Afrodite, le dee della Terra, della vita, del sole. Lo sanno le danzatrici di oggi, il movimento dello shimmy – la vibrazione delle ginocchia o dei talloni che muove il bacino - era compiuto dalle antiche sacerdotesse di templi della Dea Madre, anche in Arabia, per raggiungere uno stato di trance simile a quello dei dervisci rotanti.


Di questo rito, femminile, fluido e sensuale, sono rimaste alcune tracce nelle moderne danze khaliji, solari e gioiose, sebbene lontane dalla danza del ventre conosciuta oggi.
Molto spesso in cerchio, - la formazione simbolica che protegge, include e crea energia - con piccoli passi leggeri, i piedi vicini, oppure a terra, sedute sui talloni, le donne lasciano ondeggiare sorridendo i lunghi capelli corvini. I movimenti impercettibili del capo e delle spalle, la mano a volte appoggiata alle tempie per ascoltare un richiamo o riparare dal sole, le braccia aperte, oppure i polsi incrociati alla fronte, per scintillare vanesie nel sole o alla luce del fuoco i bracciali dorati. Indossano tuniche ampie e vaporose, dalle tinte intense su tessuti pregiati di broccato, georgette, organza e fili d’oro.
Ne ho alcune, uniche e splendide, confezionate per me con arte e umilta’ da un sarto del souk di Muttrah, nel cuore di Muscat, con metri e metri di chiffon di seta e ricami dorati; altre, ricevute in regalo o scelte per irresistibile capriccio in atelier locali. Per un raggio di sole, le danze si possono vedere anche nei videoclip dei canali satellitari come Melody Arabia dall'Egitto oppure Rotana khalijiah, al Deera, Awtar, Ghinwa, Noor Dubai, Nojoom 1, 2, 3, 4, tutte da Dubai, EAU.

lunedì 16 febbraio 2009

Etiquette n.2



Tra i popoli arabi l’unita’ familiare e’ fondamentale, i contatti regolari hanno importanza assoluta ed e’ per questo motivo che nei Paesi arabi i telefoni cellulari sono di grande popolarita’, per tenersi in contatto su base quotidiana. I figli non sposati vivono a casa, gli anziani non avranno commenti positivi se un giovane single vive lontano dal nucleo familiare. In molti Paesi arabi e’ quasi un obbligo sociale che i genitori acquistino una casa per i figli che si sposano, cio’dipende anche dalla classe sociale. In Oman in particolare si preferisce rimanere uniti, spesso si convive in grandi abitazioni che vengono continuamente ampliate, per ospitare il capofamiglia, le sue mogli, i figli con le rispettive consorti e tutti i bimbi. Si crea una comunita’ dove ogni nucleo da' un contributo e si mangia tutti assieme nel grande soggiorno, il ‘majilis’, che in arabo indica proprio il luogo in cui ci si siede, semplicemente a terra su tappeti e stuoie, appoggiandosi a cuscini.
La dignita’, l’onore e la reputazione di una persona sono di importanza assoluta e devono essere difesi con forza. Qualunque danno a tali qualita’e’ lesivo non solo della persona ma dell’intera famiglia e deve essere evitato ad ogni costo. La tradizione del majilis inteso come ‘consiglio’ che si siede per parlare continua ancora oggi. Se c’e’ un problema all’interno di una famiglia o di una comunita’ se ne discutera’ apertamente mentre il piu’anziano o autorevole del gruppo condurra’ la discussione, poiche’gli arabi credono piu’nelle persone che nelle istituzioni.

venerdì 13 febbraio 2009

Incantesimi e magie

.
Al villaggio di Seeb si trova un grande emporio con centinaia di cassette in vetro nell’immensa vetrina. Comincio a curiosare tra infinite erbe e spezie curative e alimentari nonostante il poco supporto dell’etichetta in lingua araba. Camomilla, rosmarino, pepe in grani...un fruscio alle spalle mi distrae. Una donna del villaggio chiede un’ offerta, evento raro, Tamer la asseconda con pochi spicci, per rispetto e come e’ d’uso nell’Islam. Indossa sul capo un velo nero lungo fino a terra che cade come un mantello, porta gioielli e piercing al naso. Cose strane, zolfo in blocchi e ossi di seppia, minerali, polveri, conchiglie e cortecce, misteriosi funghi. Alcuni sacchetti dai nomi esotici come ‘Giava’, un impasto scuro, forse il macerato per il legno di agar, - qui verrano gli speziali del boukhur - e ‘Nilo’, la polvere di azzurrite per il kohl. E ancora, gomma della Mecca, polvere di indaco, oud della croce, ma poi...sale nero, ceneri di serpe, zoccoli di cavalli in frammenti...giro tra le mani denti di lupo e denti di leone, ricurvi ed appuntiti; ritagli sigillati di pelle di tigre e di gazzella, unghie di tigre, grigie e affilate, denti di squalo. Chiediamo l’uso all’erborista: - ‘servono per fare gli amuleti’, spiegate tutto al Gran Maestro al piano di sopra, lui prescrivera’ il talismano, tornate qui con la ricetta -.

L’Oman e’conosciuto presso i popoli dell’Arabia per l’arte della magia e della stregoneria. Peter Hellyer, storico che lavora negli Emirati da 30 anni, conferma che tra le popolazioni del Golfo è presente una forte credenza nell'antico e nelle pratiche animistiche. "Esiste una tradizione legata alla magia in gran parte dell'Arabia meridionale, ma le ricerche svolte a riguardo sono pochissime''. Leggo che ad Ad Abu Dhabi esiste un settore della polizia preposto al sequestro di misteriosi archeoreperti provenienti dall’Arabia Saudita e dall’Oman, che si crede vengano utilizzati proprio per rituali e magie. Non vengono distrutti ma saggiamente catalogati ed inviati a musei e centri di studio come parte della memoria storica di una civilta’che affonda radici profonde nelle sabbie dei deserti. Tra i blog locali si rincorrono come un tam tam dall’Arabia Saudita a Dubai timidi appelli e richieste, frammenti e racconti di fatture subite da amiche e cugine e flebili inviti a stare lontani dalla magia nera perche’ contraria ai precetti dell’Islam. Ho conferma che il Corano mette in guardia narrando le spire maligne di certe genti malvage, forse situate nel sud, dove e' certo che magia e divinazione fossero praticati in epoche preislamiche. Le citta’ di Bahla and Nizwa sono terre note per maghi e talismani, ma gli omaniti in citta' ne hanno paura e ammoniscono a non recarsi laggiu’. Si dice che il sultano abbia un anello magico. Al suo interno vive un djinn dal potere di procurare molto denaro. Sono anche fermamente persuasi che il sultano usi questo djinn con saggezza, quando egli ritenga che sia proprio necessario e utile al bene della comunita’. Tutti gli uomini portano uno o piu’anelli alle dita, in argento, con grandi pietre dure semi preziose.


domenica 8 febbraio 2009

Leggerezza


Giunge puntuale a Muscat la prima tempesta di sabbia della stagione. Per ora soffia lieve, quanto basta al vento caldo e polveroso per velare il profilo delle montagne e della costa. Sfuma il contorno del sole, l'aria odora di sabbia.In attesa di uscire preparo un café blanc, ecco gli ingredienti per 4 tazze:
4 piccole tazze d’acqua,
10 cl d'acqua aromatica a scelta
2 cucchiai di zucchero

Fate scaldare l’acqua e lo zucchero mescolando. Quando comincia a bollire, aggiungete l’acqua aromatica. Mescolate e portate a ebollizione. Servite caldo.

Sfoglio qualche pagina di 'Khaleejia's Life', blog da Abu Dhabi. Coquette e solare a modo suo, l’autrice esprime la sua versione naive dell'Islam e svela dettagli segreti di moda e bellezza khaliji. http://khaleejia.blogspot.com/

Etiquette n.1



I valori di base della societa’ araba sono piuttosto diversi da quelli, per esempio, degli europei. In Arabia si pensa in maniera alquanto differente rispetto a concetti quali l’autonomia, l’autodeterminazione e la soggettivita’; poiche’ la maggiorparte degli arabi e’ fedele all’Islam, l’interazione tra attitudini religiose e culturali e’molto evidente nel concetto di fatalita’. Cio’ dipende dal credere che Dio ha il controllo ultimo sulle cose e che si deve accettare la sua volonta’, con l’uso costante della frase ‘inshallah’, ‘se Dio vuole’.
I piu’tradizionalisti crederanno che le difficolta’ e le esperienze negative siano un dono di Dio, il quale assegna tali prove solo ai piu’ forti come test per loro solidita’. E’ molto raro sentire l’espressione ‘non e’giusto...’ davanti ad un problema o ad un contrattempo; ‘lascia perdere’, ‘non c’e’problema’, ‘lascia che vada’ sono le espressioni quasi sempre preferite.
Gli arabi amano essere circondati da gente e non hanno per esempio lo stesso approccio alla privacy che puo’avere un europeo. Ironia, sarcasmo, battute e doppi sensi sono incomprensibili, la conversazione e’semplice, diretta, amichevole. Soprattutto nel Golfo, le persone in generale sono discrete e non invasive nella loro presenza.
Nei rapporti sociali ci si rivolge sempre con rispetto e con un ricco uso di appellativi; in Nord Africa e nel Levante vale l’elegante ‘madame’ per le signore mentre l’uomo diventa ‘osteez’, parola di origine turca, oppure ‘sáyed’ in arabo. In tutto il Sultanato pero’ questo termine e’ taboo poiche’ ristretto solo alla famiglia reale e nessuno puo’portare tale nome. Si preferisce allora ‘táyeb’ che significa ‘buon uomo’.
Gli omaniti in particolare amano i convenevoli e ad ogni incontro, persino al telefono, con il loro mood rilassato e sereno vi tratterranno a lungo solo per i saluti!





venerdì 6 febbraio 2009

Copricapi




Kumma e’il nome del copricapo che gli uomini indossano in Oman, e che li distingue dagli altri arabi del golfo. Si e’diffuso a Zanzibar e in tutto l’est dell’Africa dal Djibouti al Mozambico fino a raggiungere la Nigeria.
La kumma non si toglie mai, né sul lavoro, né per esempio nelle moschee perche’ e’ un simbolo di identita’nazionale che gli uomini indossano con fierezza.
Su un tessuto di cotone bianco vengono ricamati a mano disegni sempre diversi uno dall’altro per milioni di modelli e colori ed ogni omanita ne possiede almeno sette.
Nei contesti ufficiali e in tutti gli uffici governativi pero’ si aggiunge il mussar, un leggero quadro di cotone o di cashmire stampato a motivi floreali che si avvolge intorno alla kumma in modo da formare un turbante. Una occasione speciale per acquistare qualche nuovo mussar e’ data per esempio dalle festivita’religiose. Allora gruppi di uomini si siedono scalzi a terra all’interno dei negozi di stoffe e accessori; mentre un commesso serve il caffe’i clienti ammirano e scelgono le stoffe che giungono dall’India e dal Pakistan.



Risalendo la penisola arabica invece prevale la ghutra, il telo di voile bianco che ricade sulle spalle. Protegge dal vento e dalla sabbia, viene appoggiato ad una calottina bianca lavorata ad uncinetto e fermata da un cerchi di corda nera che ciondola sulla schiena. In citta’ specialmente negli emirati, per vanita’gli uomini sollevano i lembi del voile e li raccolgono sul capo quasi a sembrare tanti cobra del deserto. Meno formale e’ il shumagh a quadretti rossi usato anche nell Yemen con la foggia a turbante.
Una sottile inquietudine serpeggia quando vedo in citta’ gli uomini delle montagne desertiche; come un miraggio, appaiono dal nulla con i lunghi capelli neri e il turbante amaranto con i pendenti tribali annodato alle tempie. Il kohl intorno agli occhi, la tunica nera e attillata. Tenebrosi e felini, passano in silenzio come pantere, il loro sguardo e’ lontano. Un battito di ciglia, e gia’sono scomparsi.


mercoledì 4 febbraio 2009

Passatempo



Nel pomeriggio a Muscat si passeggia lungo la spiaggia di Qurum, sul vialetto affiancato da siepi e gelsomini. Il lungomare e’ tranquillo perche’appartiene ad una zona residenziale di villette e giardini, lontano da uffici, shopping mall e ritrovi. Qui si gode la luce del tramonto e la brezza del mare.
Nei fine settimana le famiglie si riuniscono intorno a grandi tappeti per preparare cene al sacco e barbecue, ma i teen agers preferiscono strimpellare chitarre vestiti con abiti modaioli. Un giro di accordi gitani puo’scatenare cori e palmas flamenche per ore! A volte un curioso pianista siede al buio sulla sabbia e con la sua tastiera intona hits popolari arabe.
Dal tramonto a sera tarda gli uomini si ritrovano nei caffe’all’aperto intorno all’hotel Hyatt, si chiacchiera a bassa voce tra amici. Qualcuno gioca a carte, altri preferiscono il backgammon nelle caratteristiche cassette di legno e madreperla a intarsio.
Fra i tavoli aleggia una nebbia dal sentore di frutta, quasi tutti fumano sheesha, la pipa ad acqua. Ogni locale offre diverse miscele di tabacco aromatico e il tabaccaio passera’ solerte a cambiare le braci spente da un cestello che dondola al fianco. La sheesha emette soffi di vapore, l’acqua ribolle a lungo, croccante, nelle ampolle di vetro. Non c’e’fretta.
L’incanto arriva dalle note nell’aria perche’ogni locale ha sempre un cd acceso che gira all’infinito con brani classici conosciuti in tutto il mondo arabo. Cimbali, sonagli e tabla si alternano a orchestre d’archi e lunghi assoli di qanoon. Le melodie anni Sessanta di Warda e Najat fanno spazio alle ballate struggenti di Fayrouz, cantante libanese dalla voce dolcissima.




domenica 1 febbraio 2009

Spleen


Arriva a volte, a quest'ora. Non vedo i gabbiani, non mi importa piu'dei gelsomini. In mano solo sabbia, ho gettato le conchiglie. Penso solo a quella frase sul giornale, 'you may never know the true intention of others, but, Almighty Allah always rewards those who are true and do good...' .

Se e'vero, te lo auguro col cuore, so che leggerai.