giovedì 25 febbraio 2010

Donne avvocato in Arabia



Un canale tv di Dubai ha proposto ieri sera un’intervista live a due donne avvocato in collegamento dall’Arabia Saudita. Il dibattito riguardava l’accesso delle donne saudite alla professione forense. Entrambe laureate in legge nello Yemen, le avvocatesse rivendicavano il loro diritto ad esercitare nel proprio paese; entrambe avevano gia’ lavorato presso tribunali yemeniti e in forza di cio’ si chiedevano per quale motivo non potessero farlo in Arabia Saudita. La legge, di fatto, non lo vieta.
Uno studio legale saudita aveva scelto di delegare ad una avvocatessa un caso da seguire in tribunale, ma una volta giunta in aula la donna si era vista negare il dibatttimento da parte dal giudice. Per quali motivi?

Facciamo un passo indietro. La societa’ saudita e’ schematicamente sdoppiata in due: doppie scuole, doppie universita’, doppi ospedali, doppi servizi, tutto finalizzato ad impedire la promiscuita’. Le donne non possono guidare ne’uscire di casa da sole a meno che non siano accompagnate da un familiare o da un’autista autorizzato dai familiari.
Non possono intrattenersi in pubblico, - per esempio in un locale o per la strada -, da sole, con un uomo diverso da uno stretto congiunto (purche’non sia un cugino), pena l’inflessibile intervento della polizia religiosa e l'eventuale caso in tribunale, con condanne che vanno dall’ammenda alla pubblica e umiliante fustigazione inflitta ad entrambi.
Cio’non toglie che le donne saudite facciano esattamente tutto cio’ che fanno le donne straniere. Studiano, lavorano, vanno in palestra, fanno la spesa, si incontrano tra amiche, si aggirano per i mall con impeccabili tacchi a spillo, e soprattutto viaggiano all’estero, anche da sole, sebbene solo se autorizzate dall’uomo di casa. Questo universo impenetrabile va osservato in punta di piedi poiche’ siamo di fronte ad una cultura diversa nei confronti della quale lo spirito critico non e’sufficiente, o perlomeno dovrebbe essere filtrato da ogni spinta emotiva. Nel corso degli anni ho conosciuto diverse donne musulmane che dopo una lunga esperienza di vita in KSA ne riportavano ricordi negativi causati proprio dalle complicazioni nella loro vita pratica quotidiana, ma sono moltissime anche le donne straniere non musulmane che vivono e lavorano in KSA.

Tornando alle nostra avvocatessa saudita, veniamo a sapere dalle sue affermazioni che in KSA l’interdizione al foro risulta de facto, vale a dire tradizionalmente accettata ma affatto prevista dalla normativa, e che per effetto di questo mondo sdoppiato l’ingresso in aula di una donna andava considerato fuorilegge perche’ la donna era sola e si intratteneva a parlare in luogo pubblico con un uomo diverso da un proprio congiunto. Non avendo altri appigli per motivare il diniego, il giudice rispose che avrebbe parlato con lei solo se accompagnata dalla madre, o dal marito, e che avrebbe dialogato solo attraverso interposta persona. E’ importante sottolineare che in qualitá di legali le due donne avevano comunque ottenuto una delega da parte di un uomo, in un caso, da un avvocato, nell’altro, da un assistito.

L’intervista proseguiva in maniera pacata e le avvocatesse erano razionali e determinate a proseguire la loro istanza personale. In un certo senso posso dire di avere assistito ad una vera battaglia per i diritti delle donne in Arabia Saudita, condotta peraltro con notevole apertura e trasparenza: in pubblico, in un canale televisivo, con un dialogo diretto e privo di retorica bizantina o provocazioni artificiose e malfidate. Per cogliere e apprezzare la prontezza di queste donne nel muoversi all’interno di quegli spazi di vuoto normativo senza infrangere la legge al fine di raggiungere i propri obiettivi personali e’necessario mettere da parte l’apparenza di quelle abaye nere e del velo e conoscere un po’ la cultura araba del golfo.

In altri Paesi del golfo e qui in Oman in particolare la presenza di donne nei tribunali e’invece piuttosto consistente. Nel foro di Muscat e’ rimarcabile il numero di donne avvocato per la maggiorparte sudanesi, irakene, egiziane e tunisine, provenienti cioé da Paesi che nel mondo arabo hanno una consolidata tradizione nel campo degli studi giuridici.
Presso gli studi legali locali collaborano avvocatesse britanniche, indiane, e anche un’italiana, ma esclusivamente come procuratori e consulenti aziendali, poiche’il vincolo e’quello della perfetta conoscenza della lingua araba scritta e parlata, oltre che dello specifico linguaggio giuridico. Infine, malgrado il fatto che la normativa omanita sia fondata sulla legge islamica, l'accesso in aula non e’interdetto ad avvocati cristiani.
La costituzione dello stato, (parte I), recita:
Articolo (1) Il Sultanato dell’Oman e’uno stato sovrano indipendente, Arabo, Islamico, con capitale Muscat.
Articolo (2) La religione di Stato e’ l’Islam e la Shariah Islamica e’ la base della legislazione.
Articolo (3) La lingua ufficiale dello Stato e’ l'arabo.

mercoledì 24 febbraio 2010

Sablah e salamlik


Sablah e' il luogo del villaggio dove si ritrovano gli uomini; si tratta di una parola dialettale usata solo in Oman e pare che non sia nemmeno un termine arabo, ma intanto la lingua parlata e' cosi' svelta ad adattarsi al punto che sablah si usa ora anche per indicare qualunque forum su internet, cioe' un luogo dove incontrarsi in generale per dialogare su temi specifici.

Il salamlik invece e' l'edificio - o la parte della casa - che accoglie gli ospiti e che in epoche passate non poteva mancare nelle vicinanze dei palazzi di re e principi. Ad Alessandria d'Egitto accanto al palazzo reale si trova anche un salamlik ora trasformato in albergo; fu costruito nel 1892 per ordine del khedive (principe ottomano) Abbas Helmi II come palazzina di caccia all'interno del parco di Montazah per la contessa ungherese May-Torok von Szendro, che poi divenne sua moglie con il nome di Gawidan Hanem Abdallah.

Salamlik Palace a Montazah (Egitto)

Anche il Sultano dell'Oman accoglie gli ospiti di stato in un salamlik che si affaccia sulla baia di Muscat. In Arabia esiste l'usanza di bruciare incenso per profumare gli ospiti e propiziare loro buon viaggio al termine di una visita. Questo cerimoniale ricorre anche in un proverbio:

Baad al oud ma fi qoud

'Dopo l'incenso non c é piu' la seduta', vale a dire che quando la visita e'durata abbastanza il padrone di casa fara' girare l'incenso e sara' allora tempo per gli ospiti di lasciare il salamlik.




sabato 20 febbraio 2010

Il segreto dell'haramlik n.2



L'haramlik di re Farouk, nella residenza di Montazah ad Alessandria d'Egitto, con la torre che replica il Palazzo della Signoria di Firenze

Nei paesi arabi riunirsi in gruppo nella cerchia di familiari o per affinita’ tribale predispone alla solidarieta’ e al sostegno. Tra donne e’ del tutto spontaneo vista la necessitá di portare avanti le faccende pratiche casalinghe, e occuparsi dei bambini, per questi motivi sono anche piu'stanziali. Le omanite mandano gli uomini a fare la spesa e le case di Muscat rivelano la gelosa custodia della privacy dove i quartieri residenziali sono fatti di villette circondate da mura, con le finestre sempre fasciate da tende oscuranti e grandi cancellate di ferro battuto. Ma all'interno dei giardini e’possibile sbriciare le donne sedute a terra, a chiacchierare.

Ragazze di Muscat

Nelle famiglie omanite piu’legate ai costumi tribali si vive tutti insieme in grandi case, e dato che un uomo puo’avere piu’mogli, se gli chiedete chi cucina - come abbiamo fatto noi tra amici - vi sentirete rispondere ‘le mogli’.
Durante viaggi di lavoro prolungati in Iran, Sudan, Arabia Saudita i colleghi omaniti di Tamer sapevano che sarei rimasta a casa sola e rassicuravano: ‘Posso mandare una moglie a stare da lei!'. Sarebbero arrivate in molte: le amiche, i bimbi, le tate, tanto per farmi compagnia.
Le ragazze di Muscat sono autonome e indipendenti; giá sopra i dodici anni non escono piu’con i genitori, - la maggiorparte giá divorziati, - ma si riuniscono per passeggiare o andare nei centri commerciali sempre in gruppo con amiche, cugine, sorelle, zie, mogli dei fratelli e tutte le infinite relazioni incrociate del proprio nucleo tribale, accompagnate da uno stuolo di tate indonesiane o filippine. Non sempre questi harim sono cerchi incantati: esistono invidie, gelosie, piccole rivalita’, ma le frizioni si allentano presto e cosi’ ci si allena alla vita. Il gruppo compatto e’circondato da un’aura di energia che si puo’ percepire passando davanti ai loro picnic sulla spiaggia o nei parchi cittadini. Ci sono anche gruppetti piu’piccoli, che includono l’uomo di casa, la mamma, la moglie e la sorella...

Nell’haramlik delle danzatrici il segreto che l’amica omanita voleva confidarmi con aria ansiosa poteva sembrare una bolla di sapone; ‘non mi ricordo piú i passi’ , quelli creati da lei per il nostro pas de deux. D'istinto ho risposto ‘segui me’. Ma perche’un segreto? Ma certo, per orgoglio doveva nascondere il fianco scoperto e cercare qualcuno nel gruppo in cui riporre fiducia, perché nel piccolo universo delle donne omanite quella danza era una sfida.



mercoledì 17 febbraio 2010

Il segreto dell'haramlik n. 1


Questa parola di origine turca, ormai in disuso, indica il luogo dove si riuniscono le donne, che a loro volta si descrivono come 'harim', (entrato come prestito in italiano nella forma 'harem'). Se due ragazzi entrano in un locale, in una discoteca ad esempio, si chiederanno com'e' l'harim? che equivale a dire ci sono ragazze? come sono?


Haramlik e'un luogo semplice, caratterizzato dall'assenza degli uomini, mentre invece i bambini sono benvenuti e a loro agio. Nella cultura araba del golfo, - parlo ovviamente della mia esperienza personale - gli uomini in particolare si pongono con naturalezza nei confronti di questo inviolabile cerchio di donne. Invaderlo sarebbe un sacrilegio, quanto e' impensabile denigrarlo. Nei video clip musicali khalij le ragazze sono sempre riunite in un gruppo nel quale il cantante intravede la donna che ha rapito il suo cuore.



Sposa omanita

In questo periodo il mio haramlik perfetto e' la casa di Anubis quando ci troviamo per le sessioni di danza. Giorni fa un'amica omanita mi ha quasi commosso, lei e'un'artista, dipinge, non ha mai danzato ma osservo con quanta tenacia si impegna nei suoi movimenti inibiti ed incerti. Le omanite sono molto discrete e non offrono mai confidenza. Non e'giovanissima, la conosco da poco, niente piu'che un saluto, dovevamo creare una breve coreografia con il velo, e per motivarla ho lasciato lo spazio al suo slancio creativo; qualche prova, e il momento di verificare. La musica sta per partire quando lei attraversa la sala correndo furtiva per venire da me e sussurrare 'ho un segreto da dirti'.


martedì 16 febbraio 2010

Turkish Delight




I viaggiatori europei di fine Ottocento definivano delizie turche quei dolcetti di gelatina trasparente e profumata che si chiamano loukum e che vanno alla perfezione per tirarci su di morale dopo un calo di zuccheri...Tanti cubetti dai colori pastello a base di zucchero, ovviamente, e poi miele, acqua, farina, amido, e infine la copertura di zucchero a velo bianco oppure di farina di cocco. Il sapore delicato viene dalle essenze di rosa, limone, mandorla, talvolta menta o pistacchio, oppure dall'aroma dolce e un po'stucchevole della mastika, una resina commestibile di origine mediterranea molto usata in Medio Oriente e gia'nota agli antichi egizi.
Ma per me il vero gusto dei loukum e' tutto li', mordicchiare cose candite e appiccicose con lo zucchero a velo che impolvera il naso e le mani...se nessuno mi vede, beh si puo' anche leccare lo zucchero, se no, il loukum si sciogliera' piano piano, magari con qualche sorso di te' alla menta o di caffe' amaro.

Qui nel sultanato dell'Oman c'e'gia' la halwa locale, una gelatina speziata con cardamomo, burro e zafferano da mangiare anche calda, mentre le grandi scatole di turkish delight di 'Hazer Baba' sono deliziose anche solo da guardare! I loukum sfusi per ora li ho trovati solo ad Abu Dhabi, qualche volta li porto in Italia per offrirli alle amiche in visita ma non tutte apprezzano la pasticceria orientale.


Ancora dalla Turchia ecco Sabine Sevan, una bellissima danzatrice famosa negli anni Sessanta.





domenica 14 febbraio 2010

Stai con me


Mi sento dire questa frase da giorni, con discrezione e pazienza, come un invito, e cercando nei ricordi e'affiorata una vecchia canzone di Vasco.


Stai con me, oppure no...

soltanto un attimo, un giorno...

ci stai per essere ancora mia...

oppure ci stai per non andare via.


L'ho riascoltata, che malinconia, quante lacrime, finche' ho capito che per me non e'una canzone d'amore ma d'amicizia, per un'amica che non c'e'piu' da tanto tempo ormai.

http://www.youtube.com/watch?v=uFSEEtUpZN0



martedì 9 febbraio 2010

La firma del segretario di stato Hillary Clinton


Era li’ sul tavolo dell’ufficio di T., su un foglio di carta gialla intestato USA State Department e cosi’ un banale episodio di burocrazia pratica al quale ho assistito ieri passando in ufficio da T. ha ispirato alcune considerazioni.
Da qualche tempo il Sultanato dell’Oman e’diventato uno dei paesi del golfo piu’inaccessibili agli stranieri per quanto riguarda i visti per lavoro. Per implementare la Labour Law nuovi decreti vengono frequentemente emessi per limitare, definire, regolare l’ingresso di lavoratori stranieri nella fortezza Oman. ( Tuttavia, con un certo margine di certezza supportabile da prove, sono in grado di azzardare che tanta rigida selezione e’riscontrabile per gli stranieri di tutte le nazionalita’ ma misteriosamente non si applica ai cittadini del subcontinente asiatico che peraltro vengono retribuiti mediamente il doppio, benefits inclusi). Detto questo, e’evidente che in tempi di crisi parte di questa rigiditá sia la conseguenza della politica di 'omanizzazione' avviata da qualche anno in base alla quale il governo omanita ha fissato tetti minimi di occupazione per i nazionali, che ogni settore e’ tenuto a rispettare salvo poi aggirare l’ostacolo per mancanza di personale locale qualificato.
Malgrado i 'paletti' imposti dal ministero omanita infatti le esigue percentuali di omaniti qualificati e motivati, unite ad una certa diffidenza all'accesso al lavoro da parte dei locali rende praticamente irraggiungibile questo traguardo. Non ci sono medici, ingegneri, avvocati, bancari...

Maggiore fiscalita' si applica per le posizioni ad alta qualifica professionale, per le quali il requisito principale deve essere una esperienza pregressa e documentabile di almeno cinque anni nella posizione. Pertanto, uno straniero che vuole o deve essere assunto in un determinato settore (medico, aziendale ecc..) e’tenuto a presentare una quantita’ incredibile di carte relative alla propria carriera. La selezione e valutazione del candidato non avviene solamente a carico dell’azienda ma passa ai funzionari del ministero del lavoro, i quali, oltre a creare una serie di ostacoli mettendo deliberatamente in difficoltá le aziende locali, convocano il candidato per una intervista ad personam.
Veniamo ora al caso: in queste settimane T. sta seguendo presso i vari ministeri le pratiche di assunzione di un cittadino americano, e proprio ieri un corriere espresso ha recapitato un plico contenente la tanto attesa documentazione originale, e tra le tante carte anche una lettera di referenza compilata dalla azienda presso la quale il candidato aveva recentemente lavorato. Queste carte vanno a completare la raccolta di documentazione necessaria all’ottenimento del nulla osta da parte del ministero del lavoro omanita; la prassi prevede che tali documenti vengano autenticati dai funzionari dell’ambasciata omanita a Washington dopo essere stati legalizzati dalle autorita’ degli US. In base a tale protocollo le rappresentanze diplomatiche ricevono gli elenchi di tutti i nominativi delegati e delle rispettive firme olografe per consentire di procedere all’autenticazione.
Cosi’, la firma apposta sul documento giunto ieri col corriere non apparteneva a qualche vicario di un governatore della contea di L.A bensi', leggibile, e per esteso, al segretario di stato Hillary Clinton. L'abbiamo guardata e riguardata, era olografa, autentica, ma cosa c'e' di tanto particolare?
Mi spiego meglio. Anch’io sono stata obbligata a seguire il percorso protocollare per i miei documenti attraverso l’ambasciata omanita a Roma, ma nel caso dell'Italia la firma sul certificato di laurea, ad esempio, era stata legalizzata da un funzionario vicario di una prefettura, nemmeno dal prefetto in persona. In base agli standard americani la mia documentazione avrebbe dovuto essere firmata dal Ministro degli Esteri ma in Italia le funzioni vengono delegate in maniera talmente capillare lungo la piramide dei livelli istituzionali al punto che la distanza tra il cittadino e il vertice non viene (quasi) mai percorsa, in un paese di sessantamilioni di abitanti. Questo schema tuttavia riserva anche dei vantaggi. Non intendo aprire un fronte Italia vs Usa poiché agli atti il risultato finale e’ lo stesso: entrambi abbiamo ottenuto carte firmate, oltretutto in breve tempo, e per quanto mi riguarda, gratuite. Queste considerazioni sono assolutamente prive di contenuto politico, rappresentano solo un esercizio comparativo (non mi addentro nel capitolo dei costi).
Cio’che desidero mettere in rilievo e’ invece il fatto che negli Stati Uniti, una delle nazioni piu’potenti, con oltre trecento milioni di abitanti, il sistema piramidale e rappresentativo sia strutturato in modo tale che il documento, venga non solo ricevuto e passato come un testimone di staffetta, ma giunga infine al vertice, dove il segretario di stato, -impegnato a firmare trattati nucleari, a viaggiare nel mondo e a rispondere al presidente, - riesce ad esercitare fino in fondo come da impegni presi la responsabilita’ di occuparsi anche di un qualunque cittadino.

giovedì 4 febbraio 2010

Auguri!


Auguri ghiottissimi di Buon Compleanno a Tamer da tutti noi e un pensierino per te
....you can do magic
you can have anything that you desire...


martedì 2 febbraio 2010

Harankash e zucchero filato


Qui a Muscat ci mancano i venditori ambulanti di frutta e verdura...in Egitto passano furbamente con i loro carretti nei luoghi piu' affollati, nei vicoli, sotti gli uffici all'ora di punta, agli incroci trafficati. Come a Napoli o a Palermo, parcheggiano l'asinello all'ingresso dei condomini e gridano i prezzi della mercanzia. Chi vuole fare acquisti cala un cestello dal terrazzo, oppure citofona al portinaio. Sotto gli uffici di Tamer nel centro di Alessandria il venditore arriva verso le due e intona romanze arabe degli anni cinquanta, poi manda un garzone a prendere gli ordini dai palazzi della zona. Alcuni vendono solo pane, oppure ortaggi, arance, cocomeri e frutti meravigliosi: melograni, manghi, gawafa, -una pera dalla buccia gialla e molto profumata. A me non piace, ma secondo la nonna il decotto di bucce e'un ottimo rimedio per curare la tosse.


Piramide di gawafa

E poi mandarini, aishta, papaya, datteri, molokheya fresca e tutte le altre ricchezze della campagna egiziana. Nella stagione giusta un piccolo carretto spinto a mano trasporta piccole sorprese: il venditore di fichi d'india che li sbuccia per voi sul momento, e i piccoli harankash, le bacche di alchechengio, ancora avvolti nel calice a palloncino. Il sapore e' asprigno, ci vuole zucchero...piu'tardi nel pomeriggio, annunciato dal suono di una trombetta rompiscatole passera' il venditore di zucchero filato bianco e rosa.