Foreste di palme da cocco e piantagioni di banane e mango racchiudono la citta’e si diradano via via verso le vicine alture del Dhofar. Solo in questa regione da giugno ad agosto arriva il ‘khareef’, l’autunno tropicale; i monsoni rinfrescano il deserto e le vallate si ricoprono di verde lussurioso come una giungla, tra nebbie vaporose, torrenti e cascate alimentate da una costante pioggerella. Migliaia di turisti arrivano da tutta l’Arabia e per settimane il Salalah Festival offre occasioni di svago e intrattenimento ma ogni cosa svanisce d’incanto a settembre, al ritorno del sole.
Fuori cittá le montagne formano grandi falesie a picco sul mare e non possiamo mancare al Mughsail, il gayser che risucchia le onde quando si infrangono tumultuose contro le rocce; intorno alla grata si aspetta il fragore pauroso dell’acqua che risale altissima.
A Salalah si parla maggiormente swahili come traccia del legame delle tribu’ locali con lo storico sultanato omanita di Zanzibar; la citta’porto di Dhofar, ora scomparsa, per secoli vide passare mercanti e corsari in viaggio oltre l’Oceano, verso l’ India. Cosa trasportavano? Scopro alcuni dettagli da un librino pescato a Muscat, un estratto del Milione di Marco Polo (che fara' sosta a Dhofar) 'The Customs of the Kingdoms of India'. Nel viaggio di ritorno ci parla del ricchissimo regno di Maabar, costa sud est dell'India, 'questo paese non alleva cavalli. La granparte delle rendite annuali e' spesa per l'acquisto di cavalli...i mercanti di Hormuz e Kais, Dhofar, Shihr e Aden, tutte province che producono cavalli di razza, caricano le navi dei migliori esemplari e li esportano al re e ai suoi quattro fratelli. Alcuni sono venduti fino a cinquecento saggi d'oro, quando non valgono piu' di cento marchi d'argento. Il re ne acquista duemila e piu' ogni anno, e altrettanto i fratelli. Alla fine dell'anno non piu' di cento sopravvivono. Muoiono perche' malgovernati, e perche' non hanno veterinari. I mercanti non permettono ai maniscalchi di recarsi la' e sono appena contenti che i cavalli muoiano, per venderne altri al re'.
La regione dell’interno e’ la terra della mirra, la resina prodotta dagli arbusti spontanei di Boswellia. Dal punto di vista botanico pare che abbia il suo corrispettivo in certe regioni della Somalia. La leggenda vuole che gli arbusti non vengano coltivati; la gente del posto lo sa e custodisce l’arte millenaria della raccolta e della preparazione segreta di unguenti, profumi e incensieri. Non manca un pellegrinaggio alla smisurata tomba del profeta Giobbe, custodita presso una piccola moschea locale. Si dice che Giobbe appartenesse alla biblica stirpe dei giganti.