Era li’ sul tavolo dell’ufficio di T., su un foglio di carta gialla intestato USA State Department e cosi’ un banale episodio di burocrazia pratica al quale ho assistito ieri passando in ufficio da T. ha ispirato alcune considerazioni.
Da qualche tempo il Sultanato dell’Oman e’diventato uno dei paesi del golfo piu’inaccessibili agli stranieri per quanto riguarda i visti per lavoro. Per implementare la Labour Law nuovi decreti vengono frequentemente emessi per limitare, definire, regolare l’ingresso di lavoratori stranieri nella fortezza Oman. ( Tuttavia, con un certo margine di certezza supportabile da prove, sono in grado di azzardare che tanta rigida selezione e’riscontrabile per gli stranieri di tutte le nazionalita’ ma misteriosamente non si applica ai cittadini del subcontinente asiatico che peraltro vengono retribuiti mediamente il doppio, benefits inclusi). Detto questo, e’evidente che in tempi di crisi parte di questa rigiditá sia la conseguenza della politica di 'omanizzazione' avviata da qualche anno in base alla quale il governo omanita ha fissato tetti minimi di occupazione per i nazionali, che ogni settore e’ tenuto a rispettare salvo poi aggirare l’ostacolo per mancanza di personale locale qualificato.
Malgrado i 'paletti' imposti dal ministero omanita infatti le esigue percentuali di omaniti qualificati e motivati, unite ad una certa diffidenza all'accesso al lavoro da parte dei locali rende praticamente irraggiungibile questo traguardo. Non ci sono medici, ingegneri, avvocati, bancari...
Maggiore fiscalita' si applica per le posizioni ad alta qualifica professionale, per le quali il requisito principale deve essere una esperienza pregressa e documentabile di almeno cinque anni nella posizione. Pertanto, uno straniero che vuole o deve essere assunto in un determinato settore (medico, aziendale ecc..) e’tenuto a presentare una quantita’ incredibile di carte relative alla propria carriera. La selezione e valutazione del candidato non avviene solamente a carico dell’azienda ma passa ai funzionari del ministero del lavoro, i quali, oltre a creare una serie di ostacoli mettendo deliberatamente in difficoltá le aziende locali, convocano il candidato per una intervista ad personam.
Veniamo ora al caso: in queste settimane T. sta seguendo presso i vari ministeri le pratiche di assunzione di un cittadino americano, e proprio ieri un corriere espresso ha recapitato un plico contenente la tanto attesa documentazione originale, e tra le tante carte anche una lettera di referenza compilata dalla azienda presso la quale il candidato aveva recentemente lavorato. Queste carte vanno a completare la raccolta di documentazione necessaria all’ottenimento del nulla osta da parte del ministero del lavoro omanita; la prassi prevede che tali documenti vengano autenticati dai funzionari dell’ambasciata omanita a Washington dopo essere stati legalizzati dalle autorita’ degli US. In base a tale protocollo le rappresentanze diplomatiche ricevono gli elenchi di tutti i nominativi delegati e delle rispettive firme olografe per consentire di procedere all’autenticazione.
Cosi’, la firma apposta sul documento giunto ieri col corriere non apparteneva a qualche vicario di un governatore della contea di L.A bensi', leggibile, e per esteso, al segretario di stato Hillary Clinton. L'abbiamo guardata e riguardata, era olografa, autentica, ma cosa c'e' di tanto particolare?
Mi spiego meglio. Anch’io sono stata obbligata a seguire il percorso protocollare per i miei documenti attraverso l’ambasciata omanita a Roma, ma nel caso dell'Italia la firma sul certificato di laurea, ad esempio, era stata legalizzata da un funzionario vicario di una prefettura, nemmeno dal prefetto in persona. In base agli standard americani la mia documentazione avrebbe dovuto essere firmata dal Ministro degli Esteri ma in Italia le funzioni vengono delegate in maniera talmente capillare lungo la piramide dei livelli istituzionali al punto che la distanza tra il cittadino e il vertice non viene (quasi) mai percorsa, in un paese di sessantamilioni di abitanti. Questo schema tuttavia riserva anche dei vantaggi. Non intendo aprire un fronte Italia vs Usa poiché agli atti il risultato finale e’ lo stesso: entrambi abbiamo ottenuto carte firmate, oltretutto in breve tempo, e per quanto mi riguarda, gratuite. Queste considerazioni sono assolutamente prive di contenuto politico, rappresentano solo un esercizio comparativo (non mi addentro nel capitolo dei costi).
Cio’che desidero mettere in rilievo e’ invece il fatto che negli Stati Uniti, una delle nazioni piu’potenti, con oltre trecento milioni di abitanti, il sistema piramidale e rappresentativo sia strutturato in modo tale che il documento, venga non solo ricevuto e passato come un testimone di staffetta, ma giunga infine al vertice, dove il segretario di stato, -impegnato a firmare trattati nucleari, a viaggiare nel mondo e a rispondere al presidente, - riesce ad esercitare fino in fondo come da impegni presi la responsabilita’ di occuparsi anche di un qualunque cittadino.