domenica 31 ottobre 2010

Mu Ghayeb n.2


'...Nella societa' tradizionale omanita un decesso prematuro ed improvviso viene spesso associato alla credenza del Mu Ghayeb. Si crede che un individuo non sia veramente morto ma che sia stato 'sottratto' da qualche stregone particolarmente potente e malvagio.

Di conseguenza, il soggetto preso di mira sembra deceduto oppure e' vittima di una morte improvvisa, mentre nella realta' il defunto viene creduto ancora in vita. Mentre i familiari svolgono i rituali del lutto come d'abitudine, essi continuano a credere che i loro cari siano ancora vivi, e che si levino dalle tombe per condurre un'esistenza nell'ombra, dormendo nudi nelle grotte durante il giorno e vagando nella zona durante la notte, cibandosi di foglie ed eseguendo gli ordini dello stregone.

Alcuni di essi possono venire avvistati mentre passano velocemente in macchina, con indosso abiti normali, o in altre contesti difficilmente verificabili. Secondo la credenza, il ritorno dei defunti presso le loro famiglie puo' avvenire in due modi: tramite l'uccisione del mago, o attraverso il ritrovamento del defunto (con l'ausilio della magia bianca) che va colpito sulla fronte per mezzo di una pietra.

Mu-Ghayeb presenta alcuni curiosi paralleli in altre parti del mondo: gli esempi includono il processo di 'zombification' di Haiti. L'approccio nei confronti del Mu Ghayeb e' tuttavia scettico; mentre tutti nella comunita' omanita hanno sentito parlare di qualcuno che e'rientrato nella propria famiglia dopo la morte, nessuno ha mai direttamente testimoniato un caso in prima persona...'

Testo liberamente rielaborato e tradotto dall'originale 'MUGHAYEB- Grieving the Dead - A Culture Specific Response to Bereavement in Oman - Dr. Samir Al-Adawi, Department of Behavioral Medicine, College of Medicine'.
L'antropologia non e' certo una scienza esatta, pero' e'una disciplina che procede con metodo e razionalita' nello studio delle societa' umane. Ne sono sempre stata affascinata , soprattutto dopo un' impegnativa esperienza di studentessa al dipartimento di geografia del Trinity College di Dublino, e una tesi di laurea per la quale girai tutta l'Irlanda per fare ricerca.

Dopo avere scoperto questo saggio per caso, ho potuto dare un significato allo strano comportamento dell'amico omanita, che per soffocare il dolore rimuoveva il pensiero della morte improvvisa di due giovani fratelli, e forse, insieme alla sua famiglia, li ha aspettati a lungo, finche' il tempo avrebbe curato le ferite lasciando solo i ricordi.


venerdì 29 ottobre 2010

Mu Ghayeb n.1

Cimitero nel deserto omanita
Il Sultanato dell’Oman e’tra i Paesi con la percentuale piu’alta di incidenti stradali e quest’anno e’ iniziata una campagna intensiva di prevenzione, con severi appelli anche da parte del Sultano che per qualche tempo e’apparso in enormi billboards invitando gli automoblisti alla prudenza. Come deterrente, i giornali hanno iniziato a pubblicare report di incidenti stradali, foto di auto distrutte e racconti strazianti sulle dinamiche degli incidenti e sulle vittime, spesso molto giovani.

Qualche anno fa un collega omanita di T. confido’ di avere perso due giovani fratelli, nel giro di poco tempo, in due distinti incidenti stradali.
In seguito ai due incidenti, T. aveva doverosamente partecipato ai due funerali come segno di solidarieta’ verso l’amico, ma da subito si era accorto di molte stranezze.
Gia’ la scoperta del lutto era stato piuttosto disimpegnata; '...Cosa hai fatto ieri? Ah, dopo il lavoro sono andato a casa, poi e’ morto mio fratello e poi la sera siamo usciti a cena...', come se un evento cosí grave venisse assimilato a qualunque altra attivita’ di routine della giornata.

Il rituale islamico prevede una sepoltura molto rapida, entro 24 ore dal decesso. Deve svolgersi di giorno, entro il tempo della preghiera del pomeriggio. La salma, completamente fasciata, viene adagiata sul terreno su di un fianco, con il capo in direzione della Mecca, e poi ricoperto di sabbia o di terra. Ogni Paese ha le sue tradizioni, e se l’Egitto ad esempio conserva rituali dettagliati, in Arabia alcuni funerali si svolgono anche di notte.

Non ci sono tombe, i cimiteri sono luoghi casuali non delimitati, ne ho scoperto uno solo in citta', per caso. La presenza di una sepoltura e’appena indicata da una pietra, senza foto ne' omaggi, e nessuno fa piu'visita alla tomba. Spesso si seppellisce ‘dove capita’, o in terreni indicati con approssimazione, e’impossibile distinguere un cimitero, soprattutto nei piccoli vilaggi del deserto. La ragione e'racchiusa nella natura dei popoli dell'Arabia, la terra dei Bedu nomadi del deserto.

Ai funerali la gente rideva e scherzava tra una preghiera e l'altra, ma altre cose strane dovevano ancora succedere. Dopo breve tempo incontrai l'amico omanita, e fu l'occasione per portare le mie condoglianze per il lutto dei due fratelli.
Ma Salah sembrava non capire, guardo’ T. in silenzio e indifferenza, come per chiedere spiegazioni...ci fu uno scambio di occhiate che contenevano punti di domanda, entrambi ricordiamo molto bene. Perche’ tutto questo? Ho scoperto le risposte a tutte queste stranezze in un'espressione conosciuta solo qui in Oman: Mu Ghayeb, colui che non e’ assente, una misteriosa e inquietante credenza locale legata al culto dei morti...

lunedì 25 ottobre 2010

Collage






Qualche foto scattata qua e la' in citta'. Per molti stranieri come me, una volta arrivati nel cuore dell'Arabia dopo avere incontrato il deserto, e' impossibile tornare indietro.

sabato 23 ottobre 2010

L'albero di Latakia


Conservo con affetto da almeno dieci anni queste foto scattate in Siria, nei pressi della citta' di Latakia, una antica colonia romana sulla costa del Mediterraneo. In parte era un viaggio di lavoro per Tamer, lunghe ore di macchina nei luoghi piu' sperduti del paese...I dintorni di Latakia ospitano le rovine di Ugarit, una citta' antichissima, forse tra le piu'antiche del mondo in assoluto, una civiltá legata alla Mesopotamia. Nel sito archeologico e' stato rinvenuto il primo alfabeto della storia, documentato su tavolette cuneiformi.

Avevo appena finito di aggirarmi tra le desolate rovine di Ugarit quando vidi davanti a me nel giardino di una casetta quasi in riva al mare, un albero meraviglioso. Era la prima volta che vedevo un albero di pompelmi, era novembre ed i frutti erano maturi. La signora nella foto mi venne incontro silenziosa e sorridente, ci preparo' una spremuta e anche dei panini, ma quell'albero dalle foglie scure e laccate, con i frutti gialli e succosi era incantevole, somigliava ai disegni che fanno i bambini.

Fu un vero sollievo, prima di riprendere la strada nel deserto.

mercoledì 20 ottobre 2010

Fifi Abdou



Un celebre ritratto di Fifi Abdou, stella del Cairo negli anni Ottanta e Novanta. La danza orientale e' una passione, uno stile di vita! Ecco Fifi Abdou giovanissima, in abito blu, mentre volteggia entusiasta in scena. Anche se la qualitá del video e' debole, bastano pochi minuti, tanto per non farsi sfuggire i piedi nudi con le unghie laccate di nero...

E ancora, un famoso sipario di danza tratto da una commedia del cinema egiziano degli anni Settanta, e'la sua prima apparizione in un film. Si puo' anche ridere, ma lei e'davvero 'mesmerizing'.



Fifi Abdou si atteggia a ma'allema, un carattere del variopinto popolo del Cairo, il ma'allem, - letteralmente 'il professore', colui che 'sa' - il potente proprietario del caffe' e della fumeria e capo autorevole del quartiere locale.




Nella sua biografia si racconta che qualche anno fa Fifi Abdou fu pesantemente criticata dagli islamisti per avere offerto agli indigenti del Cairo gli iftar di ramadan, com'e' tradizione nel mondo islamico. Era una vergogna accettare le offerte da una danzatrice come lei, un'offesa a Dio.
Ma lei, intrepida, non si lascio' intimidire. Fifi non si esibisce piu' dal 2004, e molte danzatrici la scelgono come modello per ispirarsi, ma lei in una intervista ha affermato che '...lo fanno perche'mi amano, cercano di imitarmi, ma ci puo'essere una sola Fifi Abdou'.

'Bent al Balad', la ragazza del villaggio

sabato 16 ottobre 2010

La regina del Cairo


La prima volta che ho visto ballare Dina in Tv, correva scalza davanti ai musicanti che suonavano per lei, rideva, fingeva di svenire, e poi teneva il pubblico sospeso a interminabili giri di sole e di luna con i fianchi, facendo trattenere il fiato con piccoli shimmy. Ho pensato che fosse ubriaca, era fasciata in abitucci che parevano scuciti, appena coprenti, visibilmente ritoccata qua e la'....
Poi con il tempo ho imparato ad apprezzare il suo stile, con i suoi costumi improbabili, sempre a piedi nudi, spontanea ed esuberante, non le importa nulla di veli e paillettes con le quali le danzatrici amano esibirsi, perche' lei non ne ha bisogno. La sua danza e' lenta ed essenziale, ipnotica. Dina interpreta la musica anche sui brani di taksim musicale (improvvisazione) e quando danza sembra soffrire, si copre il viso con un gesto, e quasi sono commossa anch'io. Poi sorride di nuovo, ed e'un sorriso interiore, tornera' a piangere ancora.

Ora amo molto questo stile emotivo, ma di certo non potrebbe apprezzarlo una ragazzina di vent'anni. La mia maestra qui a Muscat non la conosceva, e quando l'ha scoperta ne era disgustata, ma Dina e'proprio cosi', non ci sono vie di mezzo, solo odio o solo amore, intensi. Per questi motivi in Egitto e'acclamata, al Cairo si pagano fortune per averla come ospite danzante ai ricevimenti di nozze. La sua biografia e' sapientemente costellata di scandali e pettegolezzi, Dina e' un nome femminile assai comune in Egitto; si dice che sia una persona molto colta, laureata in filosofia, di padre egiziano e mamma italiana.



Durante lo stage estivo con Aziza e' stata lei a convincermi durante una chiacchierata, descrivendola come 'l'ultima vera danzatrice egiziana'. La invitera' a Torino presso la sua accademia di danza per il prossimo festival annuale, vorrei andarci ma non sara' possibile.


L'ho vista di nuovo in Tv settimana scorsa, era proprio lei, ballava con un accollatissimo abito nero 'da segretaria', giacca e gonna, calze bianche e scarpette nere. Ecco, avrebbe dovuto toglierle...

Ecco un video recente, molto 'moving', che descrive molto bene lo stile 'Dina'.

http://www.youtube.com/watch?v=eb_8xFbla3g

martedì 12 ottobre 2010

La mano di Fatima

Nei Paesi islamici la mano di Fatima e' un potente talismano che protegge dall'invidia, dalla gelosia e dal malocchio e prende il nome da una leggenda d'amore legata a Fatima, la figlia del Profeta, che si puo' leggere qui: http://www.ethnos.biz/italiano/simboli_fatima.htm.
Esiste anche nella cultura ebraica con il nome di Mano di Miriam. Ho modo di credere che questa romantica versione non sia una leggenda islamica, perche' in arabo l'amuleto si chiama semplicemente Hamsa, che significa cinque. Potrebbe fare riferimento al numero delle dita e ad altri raggruppamenti simbolici dell'Islam (ad esempio i cinque pilastri), ma l'evidenza archeologica ci riporta molto piu' indietro nel tempo, ad una antica divinita' femminile del sole, che allontanava il male con la mano.

Hamsa e'un oggetto grazioso e decorativo, per fare gioielli, pendenti e orecchini di preziosa filigrana d'oro, oppure in argento. Si puo' appendere in casa o in macchina ed e' carino da regalare. Spesso nel palmo aperto della mano si trova un altro amuleto di origine ottomana, Ayn, l'occhio. Serve ad allontanare l'invidia, a combattere Al Ayn, l'occhio di Shaytan, il piu' potente degli spiriti malvagi. Il turchese e' il colore appropriato e una collana di Ayn non manca nemmeno nella mia macchina.

Si dice che amuleti e talismani dovrebbero essere assolutamente vietati nell'Islam. Eppure a Muscat, nei paraggi dell'impenetrabile quartiere sciita, ogni mausoleo di preghiera espone il suo Hamsa sopra l'ingresso.

sabato 9 ottobre 2010

Leggende omanite


Al centro del mercato di Bahla un vecchio albero offriva ombra e riparo a uomini e animali, e anfore piene d'acqua pendevano dai rami per dissetare i passanti. Oggi invece le catene intorno all'albero servono a tenere legati gli animali in vendita, ma non e'sempre stato cosi': la gente di Bahla credeva che alcuni djinn vivessero nell'albero, e che fossero tutt'altro che amichevoli. Per questo incatenarono l'albero, per impedire che volasse via con i djinn.



Prima di arrivare a Bahla, sulla strada da Nizwa, vi era un tempo un piccolo villaggio fuori dalle mura della citta'. Si dice che sia misteriosamente scomparso molti anni fa e che tutto cio'che rimane siano i ruderi di tre piccole moschee, Masjid Al Ubad, le moschee dei santi.
Secondo la leggenda locale la moschea sulla collina piu' alta raggiunse il villaggio dalla cittadina di Rustaq, volando durante la notte. Per questo motivo e' conosciuta come Al Taier, la moschea volante.



leggende tratte da 'Omani folk tales', traduzione di Khalij.

martedì 5 ottobre 2010

Lo spirito del fuoco



Si dice che i djinn furono creati da fiamma di un fuoco senza fumo e dal vento bruciante. La loro natura e'mutevole e inafferrabile. Si manifestano nei deserti, tra le rovine o nelle case abitate, nel bagno o in cucina, cosi' si crede in Oman.

Molti assumono forme di animali, ingannano i viandanti, o sono come il vento nell'aria, appaiono e scompaiono, si muovono in modo straordinariamente veloce, frequentano i mercati, tendono tranelli. Alcuni risiedono in un luogo fisso e girano nei dintorni, spesso i nostri occhi sono troppo deboli per vederli. Ma in questa foto, scattata durante un campeggio nel deserto dell'Oman, nel fuoco accanto a me si vede un djinn con la spada...uno solo?

sabato 2 ottobre 2010

Stelline



Sulle spiagge di Muscat, anche sotto casa, si trovano spesso delle stelline spiaggiate. Quando sono vive le raccolgo per riportarle nell'acqua, perche'altri potrebbero passare e rapirle. E per ogni stellina salvata posso esprimere un desiderio.