Pare che l’abaya, la tunica nera, si sia diffusa dal Bahrein e dall’ Iraq attraverso le immagini televisive perche’ prima degli anni Settanta le donne locali vestivano i loro costumi variopinti con i pantaloni tradizionali. Lo fanno ancora, ma in citta’ prevale ormai l’uniformita’ del nero, ‘ritenuto’ il colore della modestia, una delle virtu’ delle donne islamiche. Questo pero’ sembra avere senso solo nel Golfo da dove la moda si sta espandendo, poiche’ in nord Africa, Indonesia o Turchia e’ sempre un carnevale di fiorellini, arcobaleni, cashmire e tinte pastello. L’abaya nera va considerata dunque un abbigliamento etnico, delimitato sul territorio, al quale successivamente e’ stato attribuito un valore religioso. E' indubbio lo shock culturale visivo di chi arriva per la prima volta in queste regioni e non intendo addentrarmi nella querelle del velo nell’Islam perche’ non e’ questo lo spirito di Khalij, mi piace semplicemente ritoccare, ora e in futuro, il portrait impressionista gia’iniziato a proposito di un mio viaggio in Bahrein:
Tempo fa ricevetti in regalo un libro ‘Grandmother’s’secrets, The ancient rituals and healing powers of bellydancing’, dove l’autrice di origini irachene spiega che ‘il velo era gia’indossato dalle donne in epoche pre-islamiche: non solo proteggeva dal sole ma serviva per elevare il rango sociale...Il velo le rendeva invisibili e dava loro un’aurea di mistero, inviolabilita’ e dignita’....L'uniformita’ produce un effetto straordinario: un indescrivibile sentimento di unita’ e solidarieta’ con le altre donne indipendentemente dall'eta’, dall’aspetto o dallo status sociale, come se tutto appartenesse ad un gruppo segreto dal quale gli uomini sono esclusi' .
Aggirandovi per Kuwait City, Ryiadh o Muscat capirete che l’abaya e’ superbamente intrigante. Tra le misteriose e regali creature che la indossano corredate dal velo per il capo (shayla o sheela), talvolta sciocche ed arroganti, molte hanno una forza e un potere ancestrale che noi abbiamo dimenticato; possiedono un linguaggio femminile silenzioso e sottile ma affatto ambiguo. Si puo’ comprendere col tempo, ascoltando con pazienza.
La poetessa omanita Helala Al Hamadani
Ampliando lo sguardo, ecco un dipinto del pittore alessandrino Mahmoud Said, Banat Bahari, (1935) - le ragazze di Bahari, un quartiere popolare di Alessandria con case splendide che si affacciano sulla Corniche proprio di fronte al sito del favoloso faro -. Guardatele bene, care amiche danzatrici, le ragazze portano sulle spalle l' introvabile melaya, se vorrete vi segnalero’ il mercante del souk di Mancheya per scegliere la stoffa e vederla ricamata a mano, in argento, sotto i vostri occhi.
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